Giustizia civile in affanno: rallenta il 25% dei tribunali

I tempi dei processi civili si allungano in un tribunale su quattro e in più di una corte d’appello su tre. Mentre in Cassazione supera ancora i 1.000 giorni l’attesa media per arrivare a una decisione. E se i tempi nei tre gradi di giudizio, globalmente, si riducono, segnando il 17,4% in meno rispetto al 2019, il risultato è comunque ancora lontano dall’obiettivo del -40%, da raggiungere entro il 30 giugno 2026 in base agli obiettivi negoziati con la Ue in sede di Pnrr.

I target e i risultati Il monitoraggio del ministero della Giustizia, aggiornato al 2023, rivela un quadro di una giustizia civile ancora in affanno. A soffrire sono proprio i tempi medi, calcolati con il disposition time, un indicatore che misura la durata prevedibile dei procedimenti (basato sul rapporto tra procedimenti pendenti e definiti in un determinato periodo). Gli obiettivi di riduzione sono calcolati rispetto al 2019, anno pre Covid, e, sul fronte civile, riguardano solo i procedimenti contenziosi.

Al 31 dicembre 2023 il disposition time civile è calato in media del 12,6% in tribunale, del 10,3% in corte d’appello e del 23% in Cassazione. Per i tre gradi di giudizio il taglio medio è quindi del 17,4 per cento. Si è così passati da 2.512 giorni totali a 2.075: 486 in tribunale, 586 in appello e 1.003 in Cassazione. L’obiettivo del taglio del 40% del disposition time non è stato rinegoziato dal Governo con la Ue lo scorso anno, a differenza dell’altro target relativo alla giustizia civile, cioè quello dello smaltimento dell’arretrato più risalente. Per migliorare l’efficienza della giustizia, si è puntato sul potenziamento dell’ufficio per il processo, lo staff a supporto del giudice. I primi “addetti” sono arrivati in ufficio a febbraio 2022, assunti a termine con i fondi Pnrr (poi prorogati fino al 2026), e ora si attendono i vincitori del nuovo bando.

I tempi nei tribunali Sul territorio, la situazione appare tutt’altro che omogenea. Intanto, non tutte le sedi hanno accelerato la definizione delle cause: 35 tribunali su 140 hanno disposition time più lunghi rispetto al 2019, con incrementi di oltre il 50% (a Belluno, Avezzano e Livorno) e altri più contenuti. I tribunali che allungano i tempi si trovano perlopiù al Nord, ma molti restano sotto la media nazionale. All’opposto, tra i tribunali che migliorano molti sono al Sud, ma i tempi

lunghi continuano comunque a segnare soprattutto il Meridione: sono oltre i tre anni in media Vallo della Lucania (che cala rispetto al 2019) e Vibo Valentia (che invece aumenta i tempi del 17,9%).

Nella top ten dei tribunali con tempi più lunghi ci sono solo due uffici del Nord: Trieste (940 giorni, il 17,6% in più del 2019) e Venezia (739 giorni, in aumento del 41,3%), in difficoltà per i ricorsi dei migranti contro i provvedimenti di diniego della protezione internazionale e per le richieste di riconoscimento di cittadinanza. «Il nostro territorio è il terminale della rotta balcanica – spiega il presidente del Tribunale di Trieste, Igor M. Rifiorati –: dal 2020 al 2023 sono stati iscritti 10mila procedimenti in materia di protezione internazionale e 2.500 nei primi cinque mesi di quest’anno. Le pendenze della sezione specializzata rappresentano quasi il 60% del contenzioso civile del Tribunale.

L’emergenza ha determinato il ministero ad aumentare la pianta organica di quattro unità e il Csm a disporre l’applicazione di un magistrato da altro distretto, ma con le risorse assegnate non si è neanche coperto il turn over ordinario. Gli addetti all’ufficio per il processo sono essenziali per mantenere l’operatività, ma oltre un terzo se ne è già andato per lavori a tempo indeterminato». I procedimenti per il riconoscimento della cittadinanza stanno mettendo a dura prova il Tribunale di Venezia. «A fine aprile le iscrizioni erano 18mila, oltre un terzo arrivate nei primi quattro mesi del 2024 – dice il presidente Salvatore Laganà –.

È una valanga che rappresenta il 75% dell’intero contenzioso civile. Riguardano quasi tutte i discendenti di avi emigrati in Brasile cui la cittadinanza italiana serve soprattutto per lavorare all’interno dell’Unione europea e per ingressi più facili negli Stati Uniti . Se vengono scorporati, le pendenze complessive si riducono in un anno dell’8,35%».

Le corti d’appello Ampi divari territoriali caratterizzano anche il disposition time in Corte d’appello, oltre al fatto che ben 11 sedi su 29 (il 38%) allungano i tempi di giudizio. Gli uffici del Mezzogiorno continuano a essere quelli con i tempi maggiori, ma ad aver rallentato rispetto al 2019 sono stati anche molti uffici del Nord (il record a Trento, +72,7%), mentre molte sedi del Sud hanno accelerato. Bari e L’Aquila hanno ridotto i tempi del 36%, Salerno del 35% e Taranto del 29,5 per cento. Nella top ten degli uffici più lenti (a parte Roma e Bolzano) ci sono comunque tutte Corti meridionali con in testa Palermo dove nel 2023 un procedimento ha richiesto in media 895 giorni, seguita da Reggio Calabria (848) e Potenza (811). Oltre a Trento (che rimane però sotto i 500 giorni), i rallentamenti maggiori ci sono stati a Cagliari (+53% che l’ufficio spiega con una carenza d’organico di quasi la metà dei magistrati nel periodo 2020-2024) e a Catanzaro (+49,4%).

Alla Corte d’appello di Roma, dove il disposition time 2023 è di 801 giorni, -18,2% rispetto al 2019, il nodo è «abbattere l’arretrato – afferma il presidente, Giuseppe Meliadò – ma per avere buoni risultati servono risorse: abbiamo condiviso con il ministero una simulazione per cui avremmo bisogno di 14 magistrati civili in più rispetto ai 63 attuali. L’ufficio per il processo è

utilissimo per supportare i giudici, ma allo stato manca oltre la metà degli addetti e accade inoltre che, per le carenze nel personale amministrativo, gli addetti vengano utilizzati anche per attività di cancelleria». © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Il Sole 24 Ore|17 giugno 2024|PRIMO PIANO|p. 5|di Bianca Lucia Mazzei, Valentina Maglione

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